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Il Foglio – San Valentino, Marco Pantani e l’amore perduto

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Quattordici anni fa in una camera di un residence di Rimini se ne andava il Pirata. Da allora per un grande numero di persone la festa degli innamorati ha iniziato ad avere un significato diverso.

Quella camera non c’è più, come non c’è più nulla di quel 14 febbraio a Rimini. Non l’edificio, non le vie deserte, non quella brezza fredda che trapassava i giubbotti. Tabula rasa, solo un ricordo che ancora si palesa, una sensazione di assenza, ma sempre più vaga, per quanto ancora presente. E’ un collage di immagini e parole, di una sigla di telegiornale, di una bicicletta che vagava in salita, di un volto sorridente, ma solo a tratti felice, di occhi trionfanti, ma velati di una nostalgia antica, di occhi trasformatosi poi in rammarico, che si facevano via via che il tempo passava distanti e perduti. Immagini che tutti avevano visto, immagini di giubilo e fatica, macchiate di rosa e di giallo, divenute in pochi istanti la rappresentazione di quell’assenza, di un addio, quello a Marco Pantani. Il Pirata fuggì per l’ultima volta quel giorno, quel 14 febbraio di quattordici anni fa, in quel San Valentino che rappresentò per tanti, l’ultimo San Valentino di un’epoca andata e il primo di una nuova. Uno spartiacque, prima e dopo, come c’è un prima e un dopo a una relazione, un prima e un dopo a un amore. Quel giorno, quel 14 febbraio 2004, è stato essenzialmente questo, almeno per chi Pantani lo ha visto in bicicletta, lo ha vissuto nei suoi scatti, ne ha condiviso, anche se a distanza, cadute e risalite.

Pantani verso la fine degli anni Novanta non era solo uno sportivo, un ciclista, rappresentò altro. E lo rappresentò per moltissime persone. Sotto quella bandana, sopra quella bicicletta, in quelle ferite che gli segnavano il corpo, lo rendevano unico e inimitabile, non c’era solo un uomo, c’era un pezzo di mondo, quello che viveva le piccole sfighe della vita e che, anche grazie a quel ragazzo pelato e mingherlino, riusciva a trovare il coraggio di affrontarle e qualche volta vincerle. C’era un popolo di più o meno “sfigati”, di persone che vivevano con dignità il loro rincorrere sempre, e fuori ritmo, le cose, e la loro non aderenza ai canoni standard della società, che vedeva nel Pirata un esempio, una possibilità di redenzione. E poco importa se Pantani era tutto tranne che affetto da normalità, e poco importa se anzi era l’emblema di una superiorità fisica e ciclistica lampante, almeno quando la strada saliva. Le cadute e gli incidenti che lo trattenevano a terra che non gli permettevano di involarsi, erano la perfetta rappresentazione della vita normale, quella di tutti i giorni. C’era qualcosa di tragico nel Pirata, qualcosa di sisifeo. Qualcosa di molto umano.

E quando è morto, quando quella camera di un residence di Rimini diventò la sua ultima camera, tutte queste persone hanno dovuto fare i conti con il passato, con il loro sentimento d’amore sportivo per quell’uomo, con tutti i successivi San Valentino che Dio avrebbe mandato in terra. Perché chiunque ha amato Pantani ricorda con esattezza dov’era e cosa stava facendo quando gli è arrivata la notizia, quando ha scoperto che il Pirata se ne era andato e questa volta per sempre.

E’ un rapporto insolito quello che lega un appassionato di ciclismo a un campione, qualcosa che “supera la naturale comprensione delle dinamiche del tifo e rasenta invece l’attrazione, il misticismo”, raccontava il grande giornalista Mario Fossati narrando di quando un contadino di Albenga incontrò Costante Girardengo e si dovette sedere per l’emozione, prima di afferrargli la mano e riverirlo di ringraziamenti. “C’è una reciprocità che lega ciclisti e tifosi che è indissolubile”, perché si basa su di una “esperienza comune: la bicicletta e la fatica che si prova nello spingerla”. E questo è ciò che distingue il ciclismo da tutti gli altri sport, “che trasforma il tifo in amore, anche se lontano”.

Giovanni Battistuzzi

N.D.R. L’articolo prosegue al link della sorgente.

Sorgente: San Valentino, Marco Pantani e l’amore perduto – Il Foglio

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