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Vanity Fair – Transumanza, il grande viaggio libero della montagna

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Transumanza, attraverso passi e valichi, animali e uomini insieme, dove la resilienza si esprime con un sorriso. Viaggio alla scoperta di un nuovo principio di autosufficienza, e di libertà

Transumanza è una parola che in se racchiude il viaggio a piedi del bestiame, dei i mandriani e delle loro famiglie. Transumanza ha il suono dell’andare, del lungo e regolare attraversamento del suolo, quel progredire regolare, non lento e non veloce, al passo della mandria e che nelle terre alte affascina chiunque.

Gli animali del resto, accanto a chi li accudisce per tutto l’anno, camminano verso quelle alte terre dove sanno di andare a trascorrere i mesi estivi. Poi arriva la prima delle due «transumanze interne», ovvero il trasferimento dalla stazione d’alpeggio mediana a quella alta e viceversa, con l’inizio di settembre, prima del ritorno a valle.

Quello che accadrà anche alla famiglia Spagnoli, dell’azienda agricola «La Casera», in Val Camonica, tra pochi giorni, con il «piccolo movimento» interno alla Val Gabbia. Le famiglie come la loro rappresentano un modo per comprendere quello che resta delle procedure tradizionali che da generazioni si ripetono con regolarità ogni anno. A metà giugno la famiglia e gli animali vanno in transumanza per raggiungere la vallata più remota di questo comprensorio montuoso: lo fanno dal 1982 e la remota Val Gabbia, dove si accede e che si attraversa esclusivamente su traccia di sentiero antichissimo rappresenta un unicum dell’Area Vasta Valgrigna, non a caso centrale nel cammino chiamato Via dei Silter (di cui parla anche il recente volume Cammina Italia pubblicato, a cura della Compagnia dei Cammini, da Ediciclo).

Nonostante l’odissea coronavirus, anche quest’anno la transumanza, si è ripetuta: segno di vita, in un momento di incertezza e difficoltà, anche per l’agricoltura di montagna – microeconomia nei fatturati, macroeconomia nel valore dei prodotti caseari. Ma non c’è esperienza migliore di camminare insieme alla mandria, partecipi del respiro di animali e uomini che si spostano in sintonia su stradine e sentieri impervi, scavalcando passaggi difficili anche per un’escursionista, con novanta capi di bestiame; non c’è esperienza più diretta per respirare la forza di persone che la resilienza la esprimono con un sorriso, la consapevolezza, fin dai giorni del maggengo a metà primavera, che Sonia Spagnoli mi aveva raccontato: «Quando saremo lassù il distanziamento sociale verrà garantito dall’isolamento dell’alpe, che si può raggiungere solo a piedi, ma la cosa importante sarà tornare alla natura, alla montagna. È rigenerante stare in mezzo al verde e agli animali, tra casari e mandriani. Con i loro fischi e con il suono dei campanacci torneremo a una nuova vita».

Inutile nascondere che per chiunque, tra Alpi e Appennini vive di pastorizia e attività d’alpeggio, il 2020 non è un anno facile: ma queste persone lavorano con la terra e conoscono il valore dell’adattamento, il principio dell’autosufficienza: «All’inizio per una piccola azienda agricola di montagna come la nostra, la situazione di emergenza sembrava lontana. Ricordo il nonno, allarmato, che continuava a osservare le piante e a dire che il virus era nell’aria – diceva che la fine era vicina. Noi intanto lavoravamo secondo i soliti ritmi giornalieri: due mungiture, due caseificazioni, pulizia delle stalle, cura del bestiame e della campagna. E così mentre fuori la gente correva ad accaparrarsi l’ultimo pacco di pasta aspettando in fila fuori da un supermercato noi eravamo tranquilli, forti della nostra cantina ben fornita di formaggi, salumi, latte fresco ogni giorno, carne, uova. Poi all’improvviso questa tranquillità familiare è stata messa alla prova dalla difficoltà di commercializzare i prodotti al dettaglio e così per evitare sprechi nei primi giorni di chiusura abbiamo distribuito i prodotti altamente deperibili (burro, ricotte, fiurit) ad amici e parenti, studiando metodi alternativi di commercio».

E mentre l’orologio della natura spostava avanti la lancetta verso i giorni della Val Gabbia, prima di poter riassaporare il grande respiro della transumanza attraverso ripidi versanti, altopiani, profonde vallate e scoscesi passaggi, nella migliore tradizione contadina è arrivato il tempo di contribuire: «Durante la pandemia, abbiamo garantito la consegna gratuita a domicilio e in sicurezza nei paesi limitrofi, aderendo alla fornitura della spesa solidale organizzata dal nostro comune a sostegno delle famiglie bisognose. Per andare incontro alle famiglie chiuse in casa con bambini, abbiamo sperimentato la produzione di nuovi prodotti come yogurt e gelato fatti in cascina, garantendo la fornitura di uova fresche per le torte di tutti. Quando il Covid ci ha toccato da vicino e siamo stati costretti alla quarantena preventiva, la situazione si è fatta difficoltosa; oltre alla preoccupazione per la salute di un nostro caro si sono aggiunte tante difficoltà: l’approvvigionamento di fieno bloccato fuori dall’azienda, le consegne a domicilio disdette o impossibili da realizzare. Poi la tempesta è passata e ora è tempo di pensare alla stagione estiva con la consapevolezza maggiore del valore della salute di tutti senza dimenticare quella del nostro pianeta».

Il momento forse più speciale della transumanza è la partenza, i primi minuti di cammino, con il bestiame radunato lungo la ripida stradina che da Larice sale verso i pascoli alti di Montecampione e l’orchestra delle voci che sembrano dominare anche il fragore dei campanacci. Osservando il fondovalle, con il lago d’Iseo a sud e la piana di origine glaciale della Val Camonica, viene spontaneo collegare ciò che fu a ciò che è. Poi la mandria, a lungo annunciata all’udito, sbuca sotto i nostri occhi tra l’esplosione di fioriture, larici, rododendri e un’erba che ha l’aspetto del nutrimento.

La transumanza appare per ciò che è: il viaggio verso la casa dell’eterno presente, la montagna che racconta le stagioni, familiare e mai uguale a se stessa. Per questo i prodotti d’alpeggio sono un bene prezioso, nutrimento che racconta lo stato del nostro rapporto con la Terra. Ogni anno il clima, l’andamento della stagione, rende diversa l’erba dell’alpe, il prodotto che nascerà dal rapporto tra famiglie come gli Spagnoli e l’alpe non è seriale, non ha nulla dell’artificiosità che tutto livella.

Dopo una lunga giornata e passaggi emozionanti, soste di pascolo nei grandi spazi remoti della Valgrigna, eccoci alla Nicchia di San Glisente a duemila metri di quota, luogo simbolico di questa regione montuosa nascosta dal mondo. È un luogo che ho amato subito, prima di conoscere la famiglia Spagnoli: un ambiente di struggente bellezza, che riporta verso immagini antichissime, caratterizzato dalla roccia rossa levigata dai millenni e dove una sottile traccia immette dalla testata di Val Gabbia al vasto spazio che si snoda sotto gli occhi. Con Sonia, ci fermiamo a guardare il paesaggio nel quale è cresciuta, estate dopo estate, fin dai primi mesi di vita; prima di salutarci, mi tornano in mente le sue parole di alcune settimane prima: «La nostra attività continua secondo i ritmi della natura e quando condurremo le bestie ai maggenghi, poi ai pascoli alti di Val Gabbia, insieme a loro riprenderemo la libertà che ci è mancata tanto in questi mesi». Una libertà intrecciata agli spazi selvaggi che rispondo solo alle leggi interne dell’alpe, del cielo e del ciclo delle stagioni. Una libertà fatta di giorni che vedono, all’alba, la vita rinascere e scorrere come uno sguardo, come il gesto semplice di genti che escono, sotto il cielo, a controllare se le loro mandrie se la passano bene e tutto è regolare nel grande respiro che li accomuna.

Davide Sapienza

Volete provare la transumanza (o l’alpeggio)? Contattate Sonia Spagnoli attraverso la pagina Facebook dell’azienda. QUI

Sorgente: Transumanza, il grande viaggio libero della montagna

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