Davide Cassani, CT dell’Italia di ciclismo, ha parlato in un’intervista al Corriere di Bologna. Il suo incarico terminerà il 26 settembre. Per la sua successione è una corsa a tre: Maurizio Fondriest, Filippo Pozzato e Daniele Bennati. “Le critiche, buone o cattive, ci stanno. Rispondere non serve a nulla. L’unica cosa da fare è fare bene il mio lavoro. Guardi gli allenatori di calcio, vincono tre partite e sono dei fenomeni, ne perdono tre e li cacciano. È un mondo che va così ormai”, ha sottolineato Cassani.
Dagli europei sono arrivati risultati mica male per un ciclismo italiano dipinto in crisi. In realtà, come stiamo?
“Il nostro ciclismo sta abbastanza bene, è ancora un movimento di riferimento. Se poi andiamo indietro di 30-40 anni, è naturale che la situazione non sia più la stessa. Il mondo è cambiato: una volta i riferimenti eravamo noi, i francesi, i belgi e gli spagnoli; oggi i campioni arrivano da tutto il mondo. Per questo sono contento di quanto abbiamo fatto a Trento; abbiamo ottenuto risultati con i giovani, ragazze e ragazzi: significa che stiamo seminando bene. Abbiamo dimostrato di esserci”.
Che corridore è Sonny Colbrelli. Dove può arrivare?
“Come ha fatto domenica, può vincere corse importanti di un giorno. È maturato tardi, ha ora trovato l’equilibrio psicofisico, ci ha messo impegno e costanza. Domenica ha mostrato freddezza e senso tattico non indifferenti, nulla gli è precluso. È dal Giro del Delfinato che ha cambiato marcia”.
A chi si è ispirato in bicicletta, prima come corridore e poi come ct?
“Da corridore a Felice Gimondi; da tecnico a Bruno Reverberi che mi fece passare tra i professionisti, e poi a Giancarlo Ferretti e Alfredo Martini: tutti uomini che mi hanno dato veramente tanto”.
Lei è tra gli autori del libro «Pantani, eroe tragico». Vinceva il Pirata, ma al traguardo sembrava avesse dentro un demone da debellare ogni giorno; non è che di Marco Pantani alla fine non abbiamo capito nulla?
“Non lo sappiamo e non lo sapremo mai. La sua foto sul traguardo di Montecampione è il ritratto del sollievo dopo la fatica e la sofferenza. Non a caso, diceva di andare forte in salita per abbreviare l’agonia. È stato un fenomeno, ma forse non siamo riusciti a capire fino in fondo chi fosse Marco Pantani”.
Sorgente: AreaNapoli.it