I commercianti: «Così non si va avanti»
Le «ultime news» sul sito internet della società Montecampione Ski Area risalgono al 19 gennaio scorso, giusto dieci mesi fa. Oggi, senza comunicazioni ufficiali della vecchia e della nuova proprietà, tutti hanno capito che il prossimo inverno gli impianti di risalita resteranno chiusi, per la prima volta in cinquant’anni. Soltanto i decreti contro il Covid, tra il 2020 e il 2021, erano riusciti a tenere fermi seggiovie e skilift. Si blocca così un indotto che negli anni d’oro di questa località, sorta all’inizio degli anni ’70 a cavallo dei territori di Artogne e Pian Camuno, dava lavoro a più di 500 persone fra camerieri e maestri di sci, impiantisti e baristi, baby sitter e negozianti. Oggi le persone che si incontrano in un giorno feriale si contano, davvero, sulle dita di una mano.
Il bar del laghetto, punto d’arrivo della strada a tornanti, è chiuso; di fronte alla fermata dell’autobus ci sono i primi negozi, ma la vetrina della scuola di sci è vuota e buia, un po’ di luce arriva dall’edicola di Domenico Arrigoni: «L’incertezza ci sta uccidendo – racconta — non sappiamo nulla, abbiamo letto che una nuova società di Milano ha rilevato la maggioranza della Misa (la società che detiene il pacchetto di maggioranza della Montecampione Ski Area, ndr), ma non abbiamo avuto finora nessun contatto con loro».
«Ho detto ai miei dipendenti — rilancia Andrea Bendotti mentre fuma una sigaretta ascoltando l’amico parlare — che quest’inverno li dovrò lasciare a casa: dieci persone non lavoreranno perché terrò chiusi il bar e il noleggio sci». Ad avere in mano le chiavi degli impianti è, o dovrebbe essere, la Special Situations, una srl con sede a pochi passi dal Duomo di Milano, realtà che offre, recita il suo sito, «consulenza e assistenza nella gestione straordinaria della crisi». È a loro che Stefano Iorio ha venduto la Misa pur rimanendo amministratore della Montecampione Ski Area, che in pochi anni pare abbia accumulato debiti per oltre due milioni di euro: il bilancio non è stato depositato, la nuova gestione non può partire. Sotto i portici dei condomini, gli uffici della società degli impianti sono chiusi da mesi: nella buca delle lettere si sono accumulate le buste con le bollette di luce e gas; il postino infila un avviso di giacenza, e se ne va. I menù dei bar dicono che si possono ordinare spremute e bombardini, panini e piadine, ma i tavoli e le sedie di plastica rosso sbiadito sono impilati uno sull’altro. Il blu brillante del nuovo campo per il padel bilancia il verde spelacchio dei campi da tennis. Il negozio di alimentari, con l’insegna fluo accesa, apre solo di venerdì.
Un cartello «non disturbare» appeso in piazza suona beffardo perché l’unico rumore che si sente, in lontananza, è quello di uno sciacquone. Ma nessuno si affaccia ai balconi, dove le uniche macchie di colore sono i gerani superstiti. Da uno dei pochi appartamenti aperti, si affacciano Maruska e Matteo, lei cameriera, lui maestro di sci: «Stiamo traslocando: andremo al Monte Pora». Sulle piste, le seggiovie oscillano malinconiche, l’impianto per l’illuminazione notturna costato 600 mila euro resta spento; i cannoni per la neve artificiale e i gatti per battere le piste erano già stati portati via. Un labrador color miele si aggira per i condomini e docile ti annusa la mano.
«Il nostro contesto di seconde case, in un giorno feriale con la nebbia, non è certo vitale» ammette Paolo Birnbaum, presidente del consorzio che riunisce i proprietari di tutti gli immobili. Eppure questo imprenditore milanese cresciuto in valle Camonica sarà l’ultimo a lasciare la nave se Montecampione dovesse affondare: «Io sono innamorato di queste montagne, e come me centinaia e migliaia di altre persone che da qui sono passate. Il momento è difficile, eppure i segnali positivi non mancano: gli appartamenti liberi per Natale e Capodanno sono pochissimi. Nonostante tutto, stiamo lavorando con gli enti pubblici per individuare un percorso che garantisca il futuro di questa stazione».
La grande speranza si chiama patto territoriale: 13 milioni di euro con la regione in prima fila: contestato da Legambiente, che invita a ripensare dalle fondamenta questo luogo, per tutti gli altri «è l’ultimo treno». Barbara Bonicelli, sindaca di Artogne, non lo vuole perdere e spera che il prossimo inverno passi alla svelta per voltare pagina: «Il comune non può intervenire in nessun modo sugli impianti, ma qualcosa inventeremo in modo da tenere accesa una fiammella di speranza: più spazio, ad esempio, alle ciaspolate e alle risalite di scialpinismo, lavorando gomito a gomito con chi non ha mai smesso di credere in questa località». Segnali positivi arrivano anche dal gruppo Dattilo Costruzioni di Milano che ha da poco comprato i due alberghi abbandonati, quello a 1.200 e quello al Plan (a 1.800 metri di quota, dove arrivò a braccia alzate Marco Pantani e dove vennero confinati i profughi in arrivo dalla Libia): la prossima settimana iniziano i lavori in alto, per quelli in basso occorre attendere la primavera.
Così l’unico albergo tuttora aperto è il Legazzuolo, di Pierino Peluchetti: dodici camere, ristorante e pizzeria compresi: «Io a Montecampione vivevo quando Montecampione non esisteva — racconta — poi è arrivata la strada, sono stati montati i primi impianti di risalita. A fine anni ‘70, ero via militare, veniva l’Inter a fare il ritiro estivo precampionato, ma io tifavo Milan… Ho visto l’apice e il declino. Se siamo arrivati al fondo, possiamo iniziare a risalire».
Giuseppe Arrighetti
Sorgente: Niente sci a Montecampione: la stazione dopo 50 anni resta chiusa
Anche a Montecampione è possibile richiedere una consulenza gratuita a riguardo del mondo dell'estrazione di BITCOIN
Cambio in tempo reale su: